Ieri eravamo in merceria: io, mia mamma e mia figlia Camilla. La ragazza dietro al bancone saluta Camilla e le chiede: “Non sei andata a scuola stamattina?” Un po’ di silenzio… e indovinate? Ecco mia mamma che risponde per lei: “Non sono andata a scuola, Marika…”
La commessa allora guarda mia figlia e chiede: “Come mai?” Mia mamma continua, rispondendo ancora al posto di Camilla: “Sto un po’ raffreddata stamattina…” – con tanto di voce simulata! Incredibile, vero?
È un comportamento che mi capita di avere anch’io a volte (mai ai livelli di mia mamma :), ma quanto è utile parlare al posto dei propri figli? Quasi sempre… a niente!
Questa introduzione mi serve per dirti che oggi iniziamo ad analizzare una serie di azioni disfunzionali che, come genitori, mettiamo in atto senza renderci conto che sono addirittura deleterie.
Di recente, abbiamo pubblicato un carosello su Instagram proprio su questo tema, affrontando una prima azione disfunzionale comune: parlare al posto dei nostri figli.
Ecco gli esempi che abbiamo condiviso:
Situazione a scuola:
Azione disfunzionale: Il figlio racconta di avere difficoltà con un compito, e il genitore, senza ascoltare, dice subito: “Chiedi aiuto all’insegnante!” o si offre di risolverlo per lui.
Conflitto con amici:
Azione disfunzionale: Il figlio racconta di una discussione con un amico, e il genitore interviene dicendo: “Non giocare più con lui” oppure “Vai a dirgli che non si fa così.”…
Scelta di un hobby o sport:
Azione disfunzionale: Il genitore, pensando di sapere cosa è meglio, dice subito: “Scegli pallavolo, è perfetto per te,” senza ascoltare i desideri del figlio.
Terapia breve strategica e prima azione disfunzionale
Da un po’ di tempo, sto esplorando con passione i principi della terapia breve strategica. In particolare, i professionisti di Palo Alto analizzano le azioni disfunzionali – quelle che non danno i risultati desiderati. Questa prospettiva mi ha aperto gli occhi: non siamo noi a “fallire,” ma sono le azioni stesse a essere più o meno efficaci. Questo approccio, per me, è stato illuminante.
In un libro di Andrea Fiorenza, psicologo e psicoterapeuta della terapia breve strategica ho letto un paragrafo che approfondisce il tema dei genitori che parlano al posto dei figli.
Questo comportamento nasce spesso dal desiderio di proteggerli o dalla paura del silenzio, visto come segnale di disagio o difficoltà. Tuttavia, parlando per loro, i genitori rischiano di ostacolare lo sviluppo dell’autonomia e della capacità dei figli di esprimere i propri pensieri e sentimenti.
Lasciare spazio al silenzio è importante, poiché offre ai figli il tempo necessario per riflettere e trovare da soli le parole o le soluzioni più adatte. Questo silenzio consente anche ai genitori di comprendere meglio le emozioni e i problemi dei figli, senza sovrapporsi con consigli e suggerimenti immediati.
Il brano sottolinea che, per essere di reale aiuto, il genitore dovrebbe assumere il ruolo di guida, non di profeta o di esperto infallibile. Essere una guida significa permettere ai figli di considerare le alternative e giungere alle proprie conclusioni.
Questo approccio li aiuta a sviluppare fiducia in se stessi e a ricorrere meno all’aiuto dei genitori, diventando più autonomi. Il genitore, quindi, è utile quando aiuta i figli a vedere le opzioni, lasciando loro la scelta, senza imporre soluzioni preconfezionate.
Quindi, cosa potremmo fare per rendere più funzionali le situazioni elencate?
Situazione a scuola:
Invece di intervenire subito con soluzioni, come suggerire a tuo figlio di chiedere aiuto all’insegnante o risolvere il compito per lui, prova ad ascoltarlo fino alla fine e chiedigli: “Come pensi di poter affrontare la situazione?” Questo lo aiuterà a riflettere e a sviluppare la sua capacità di iniziativa.
Conflitto con amici:
Quando tuo figlio racconta una discussione, invece di dirgli subito di evitare l’amico o di reagire in un certo modo, prova a chiedergli: “Come ti sei sentito?” e “Cosa pensi di poter fare per risolvere?” In questo modo, gli permetti di esplorare le sue emozioni e trovare soluzioni in autonomia, anche se non perfette.
Scelta di un hobby o sport:
Anziché suggerire direttamente un’attività, chiedi a tuo figlio cosa lo incuriosisce: “Quali sport ti piacerebbe provare? Ti andrebbe di fare qualche lezione per capire quale ti piace di più?” Così, gli dai spazio per trovare le sue preferenze e fare scelte autonome.
Questi suggerimenti non sono regole da seguire alla lettera, ma spunti per provare un approccio diverso rispetto alla tendenza di parlare al posto di tuo figlio. Sperimenta e osserva cosa funziona!
Ieri ho portato di nuovo Camilla in merceria. È stato bello sentirla rispondere in modo buffo e, a tratti, senza senso. Ci siamo fatti tutti una risata, e soprattutto ho visto nei suoi occhi quella luce speciale che hanno tutti i bambini che partecipano come protagonisti alla vita.
Ci vediamo alla prossima “azione disfunzionale” da esplorare insieme 😉 Nel frattempo, controlla le storie di Instagram per leggere gli esempi della prossima azione (che non funziona)!
A presto,
dott.ssa Milena Mattiacci – Founder di MammeComeNoi